BIC NEW YORK, 10 febbraio 2018, (BWNS) –
In una lettera aperta rilasciata oggi, 25 eminenti intellettuali ed esperti in diritto dei diritti umani hanno invitato Mohammad Javad Larijani, Capo dell’Alto Consiglio per i diritti umani in Iran, a riconoscere l’annosa persecuzione sponsorizzata dallo stato contro i baha’i in Iran alla luce delle numerose prove recentemente venute alla luce [la traduzione italiana della lettera è riportata in calce]. La pubblicazione della lettera è stata annunciata oggi dal quotidiano britannico The Times.
La lettera è stata scritta subito dopo il recente lancio del sito web Archives of Baha’i Persecution in Iran (il link è fornito in calce a questo scritto), che raccoglie migliaia di documenti ufficiali, rapporti, testimonianze e materiali audiovisivi che rivelano prove inconfutabili dell’implacabile persecuzione. Il nuovo sito è stato creato per venire incontro alla crescente attenzione, all’interno e all’esterno dell’Iran, verso la persecuzione dei baha’i iraniani e per aiutare gli interessati a comprenderne l’entità e le dimensioni.
In passato il signor Larijani ha spudoratamente negato che i baha’i siano perseguitati in Iran. La lettera firmata oggi cita, ad esempio, la falsa dichiarazione di Larijani nell’ottobre 2014 in occasione della Revisione periodica universale dell’Iran da parte dell’ONU, durante la quale egli ha affermato che i baha’i iraniani «sono trattati secondo il cosiddetto contratto di cittadinanza» e «godono di tutti i privilegi di cui gode qualsiasi cittadino iraniano».
«Ma i documenti che si trovano nel nuovo sito web dicono tutt’altro», afferma la lettera. Attingendo al corpo delle prove presenti nel sito, i firmatari chiedono al signor Larijani di «assicurare la giustizia, di esaminare il sito web e di riconsiderare … le sue precedenti dichiarazioni».
Le informazioni disponibili nell’archivio del sito web evidenziano una vasta gamma di violazioni da parte delle autorità iraniane, documentando discriminazioni, arresti e reclusioni, esecuzioni capitali, oppressione economica, negazione dell’istruzione, atti di distruzione e di violenza e incitamento all’odio perseguiti in modo sistematico.
La lettera ricorda al signor Larijani che la Costituzione iraniana esige che il governo e i musulmani «trattino le persone non musulmane che si comportano bene secondo equità e secondo la giustizia islamica e ne rispettino i diritti umani». La lettera chiede esplicitamente: «… come possa il rifiuto di far accedere all’università migliaia di giovani essere considerato equo. Come si può rispettate la giustizia islamica quando ci si sforza di escludere un’intera comunità dalla partecipazione alla vita economica del proprio paese?».
«Questa schiera così eterogenea di personalità di spicco che intercede per i baha’i in Iran è molto commovente», ha commentato Diane Ala’i, rappresentante della Baha’i International Community presso le Nazioni Unite a Ginevra. «Speriamo che molte persone leggano attentamente il contenuto di questo nuovo sito e si facciano rispettosamente sentire in modo che le autorità iraniane tengano in debito conto le istanze di giustizia e verità e prendano provvedimenti concreti per porre fine all’annosa sistematica persecuzione dei baha’i in Iran».
I coautori della lettera aperta provengono da Brasile, Canada, Germania, India, Regno Unito, Stati Uniti e Sudafrica. Ulteriori informazioni sono disponibili su www.bic.org
Per leggere la storia in inglese online o visualizzare altre foto, si vada a http://news.bahai.org/story/1236/
Per l’Archive of Baha’i Persecutuions si vada a https://iranbahaipersecution.bic.org/
Per alter notizie sulla Revisione periodica universale dell’Iran sia vada a http://news.bahai.org/story/1045/
5 febbraio 2018
Sua Eccellenza Mohammad Javad Larijani
Segretario generale dell’Alto Consiglio per i diritti umani in Iran
Vostra Eccellenza,
Le scriviamo nella Sua qualità di capo dell’Alto Consiglio per i diritti umani in Iran, la branca della magistratura iraniana che, secondo la Costituzione iraniana, «protegge i diritti personali e sociali ed è responsabile dell’attuazione della giustizia».
Come forse saprà, è da quarant’anni che i bahá’í in Iran, la più grande minoranza religiosa non musulmana del Suo paese, stanno subendo continue persecuzioni e discriminazioni per la sola ragione di credere nella propria fede. In questo periodo, centinaia di documenti, inclusi documenti governativi, sono stati portati all’attenzione delle Nazioni Unite (ONU) e di altre organizzazioni internazionali che hanno suffragato questa continua persecuzione. È stato recentemente aperto un sito web che fornisce, per la prima volta, un archivio pubblico di questi e di migliaia di altri resoconti, documenti e materiali audiovisivi che sono stati accumulati nel tempo. Intitolata Archives of Bahá’í Persecution in Iran, questa raccolta di documenti mostra chiaramente le dimensioni di questa ingiusta, inarrestabile e sistematica oppressione contro una minoranza religiosa. Fornisce anche documenti contemporanei che comprovano questa persecuzione e che contrastano nettamente con le continue smentite delle autorità iraniane.
Prendiamo atto, ad esempio, che nell’ottobre 2014, durante la valutazione della situazione iraniana per quanto riguarda i diritti umani in base alla Revisione periodica universale delle Nazioni Unite, Lei ha risposto quanto segue in risposta alle domande poste da numerosi Stati preoccupati per la persecuzione in corso contro i bahá’í: «I bahá’í sono [una] minoranza in Iran … sono trattati secondo il cosiddetto contratto di cittadinanza. Quindi, in base a questo contratto di cittadinanza, godono di tutti i privilegi di cui gode qualsiasi cittadino iraniano». Ha inoltre affermato che «sono persone molto benestanti» e che: «Hanno professori all’università. Hanno studenti all’università. Quindi godono di tutti i possibili privilegi».
Ma i documenti che troviamo sul nuovo sito web dicono tutt’altro. Un verdetto emesso dal Dipartimento di Giustizia del governo in merito all’omicidio di un bahá’í afferma che «poiché la vittima era bahá’í al momento dell’incidente… e poiché il pagamento del prezzo del sangue [diyeh] è legalmente applicabile solo ai musulmani», l’imputato è assolto dalle accuse. Una lettera ufficiale dell’Ufficio generale del Dipartimento dell’Istruzione di Teheran indirizzata a una studentessa delle scuole medie afferma che «era una studentessa molto educata», ma è stata espulsa «in conformità con le disposizioni della Costituzione della Repubblica islamica perché è una seguace della setta bahá’í». Una lettera dell’Ufficio degli Affari generali dell’educazione dell’Università di Isfahan indirizzata a una studentessa afferma che, essendo «una seguace della setta bahá’í», ella «non è autorizzata a proseguire gli studi». Una lettera della Corte di giustizia amministrativa indirizzata a un disabile lo informa che è stato «licenziato dal lavoro a causa della sua appartenenza alla setta bahá’í», che l’erogazione della sua pensione è stata interrotta e che le sue ulteriori lamentele presentate alla corte sono «ritenute non valide e respinte». Una lettera del Ministero della Pubblica Istruzione indirizzata a una delle sue dipendenti afferma che è «licenziata dal servizio nel [Ministero] dell’Educazione» e le si ingiunge «di restituire tutti gli stipendi ricevuti» poiché è «affiliata alla setta bahá’í che è illegale».
Eccellenza,
Innumerevoli altri documenti rivelano altre violazioni dei diritti umani dei bahá’í come: reclusioni ed esecuzioni capitali; confische e distruzioni di cimiteri bahá’í e riesumazione di salme bahá’í; espulsioni di artisti e atleti bahá’í; attacchi e incendi di case e chiusure di piccoli negozi bahá’í. Tutto questo dimostra che i bahá’í sono stati trattati in modo ingiusto da quelle stesse istituzioni governative che hanno l’obbligo legale di difenderli.
L’articolo 14 della Costituzione iraniana afferma che «il governo della Repubblica islamica dell’Iran e i musulmani sono tenuti a trattare le persone non musulmane che si comportano bene, secondo equità e secondo la giustizia islamica e devono rispettarne i diritti umani». Chiediamo come possa il rifiuto di far accedere all’università migliaia di giovani essere considerato equo? Come si può rispettate la giustizia islamica quando ci si sforza di escludere un’intera comunità dalla partecipazione alla vita economica del proprio paese? Come si possono rispettare i diritti umani quando persone innocenti vengono arbitrariamente arrestate, torturate e imprigionate per molti anni; o quando sono legalmente private del diritto di chiedere giustizia per i crimini commessi contro di loro e quando se ne lasciano impuniti i perpetratori?
Questa persecuzione, questo trattamento discriminatorio sono violazioni del diritto internazionale, nonché di diversi trattati sottoscritti dall’Iran, come il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR) . Ad esempio, l’articolo 26 dell’ICCPR afferma che «Tutte le persone sono uguali davanti alla legge e hanno diritto senza alcuna discriminazione a un’eguale protezione da parte della legge». Aggiunge inoltre che «la legge proibisce ogni discriminazione e garantisce a tutte le persone la stessa efficace protezione contro la discriminazione di qualsiasi tipo, razza, colore, genere, lingua, religione, opinioni politiche o di altro tipo, origine nazionale o sociale, proprietà, nascita o altro status».
La persecuzione dei bahá’í da parte della Repubblica islamica dell’Iran è una violazione degli obblighi dell’Iran a livello nazionale e internazionale. La documentazione fornita negli Archivi dimostra la sistematicità di questa persecuzione e rivela la sua portata e la sua diffusione in tutte le regioni dell’Iran e il suo impatto sui bahá’í di ogni ceto sociale.
Alla luce dei commenti di cui sopra, Le chiediamo rispettosamente, nella Sua veste di funzionario incaricato di garantire la giustizia, di esaminare il sito web e di riconsiderare le Sue dichiarazioni precedenti. In questo modo, confidiamo che Lei arrivi ad accettare e a comprendere meglio le dimensioni della persecuzione sponsorizzata dallo stato contro i bahá’í in Iran. La esortiamo inoltre a prendere provvedimenti immediati e decisivi per garantire che le disposizioni dei criteri internazionali sui diritti umani, così come quelle sancite dal sistema legale iraniano, siano applicate integralmente a tutti i sudditi nella Sua giurisdizione, senza discriminazioni.
Cordialmente,
Abdullahi Ahmed An-Na’im
Charles Howard Candler
Professore di diritto
Scuola di diritto della Emory University
Mehrsa Baradaran
Decano associato per le iniziative strategiche
Professore associato di diritto (J. Alton Hosch)
Scuola di diritto dell’Università della Georgia
Upendra Baxi
Professore emerito di diritto dello sviluppo
Università di Warwick
Kirsty Brimelow QC
Avvocato internazionale per i diritti umani
Doughty Street Chambers
Presidente della Commissione per i diritti umani dell’Inghilterra e del Galles
Khaled Abou El Fadl
Professore di diritto (Omar e Azmeralda Alfi)
Vicepresidente del programma di studi islamici
Università della California, Los Angeles
Scuola di diritto
Lord Anthony Gifford QC
Doughty Street Chambers
Socio anziano
Gifford Thompson & Bright
Richard Goldstone
Giudice in pensione della Corte costituzionale del Sudafrica
Primo procuratore capo del Tribunale penale internazionale dell’ONU per l’ex Jugoslavia e il Ruanda
Claudio Grossman
Professore di diritto, decano emerito
Esperto di diritto internazionale e umanitario (Raymond I. Geraldson)
Washington College of Law dell’Università americana
Christof Heyns
Professore di diritto dei diritti umani
Direttore dell’Istituto per il diritto internazionale e comparato in Africa
Università di Pretoria
Cora Hoexter
Professoressa di diritto
Scuola di diritto dell’Università Witwatersrand
Baronessa Helena Ann Kennedy QC
Baronessa Kennedy di The Shaws
Giudice del braccio britannico della Commissione internazionale dei giuristi
Direttrice del Mansfield College di Oxford
Karim A. A. Khan QC
Avvocato internazionale per i diritti umani
Temple Garden Chambers
Ex consulente legale dell’Ufficio del Procuratore nei Tribunali penali internazionali delle Nazioni Unite per l’ex Jugoslavia e il Ruanda
Piet Meiring
Professore emerito di teologia
Università di Pretoria
Ex membro della commissione per la verità e la riconciliazione in Sudafrica
Juan E. Mendez
Professore di Diritto dei diritti umani alla residenza
Washington College of Law
Ex relatore speciale delle Nazioni Unite sulla tortura
Sir Geoffrey Nice QC
Professore di diritto
Gresham College
Ex Procuratore delle Nazioni Unite presso il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia
Michael J. Perry
Robert W. Woodruff Professore di diritto
Scuola di diritto dell’Emory University
Niels Petersen
Professore di diritto pubblico,
Università di diritto internazionale ed europeo di Münster
Catherine Powell
Professoressa di diritto
Scuola di diritto Fordham
René Provost
Professore di diritto
Centro per i diritti umani e il pluralismo legale
McGill University
Jaya Ramji-Nogales
Decano associato per gli affari accademici
Professore di ricerca I. Herman Stern
Temple University, Scuola di diritto Beasley
Ingo Wolfgang Sarlet
Professore di diritto costituzionale
Pontificia Università Cattolica
Giudice della Corte di appello statale del Rio Grande do Sul
Soli Sorabjee
Senior Advocate
Corte Suprema dell’India
Ex Procuratore generale per l’India
Patrick Thornberry CMG
Professore emerito di diritto internazionale
Keele University
Ex membro del comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale
Hildebrando Tadeu Valadares
Ambasciatore in pensione del Brasile
Johan D. van der Vyver
Professore di diritto internazionale e diritti umani (I. T. Cohen)
Scuola di diritto della Emory University